Il disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo

Il Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo (ARFID – Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder) è stato introdotto per la prima volta nel DSM-5 come nuova categoria diagnostica. La diagnosi descrive individui i cui sintomi non soddisfano i criteri diagnostici dei disturbi dell’alimentazione, ma che, ciononostante, dimostrano avere significativi problemi clinici con il mangiare e con il cibo, tali da determinare un deficit energetico/nutrizionale associato a: (i) perdita di peso significativa (o fallimento di raggiungere l’aumento di peso atteso o inadeguata crescita nei bambini); (ii) deficit nutrizionale significativo; (iii) funzionamento dipendente dalla nutrizione enterale o dai supplementi orali; (iv) marcata interferenza con il funzionamento psicosociale. In queste persone l’evitamento/restrizione di cibo può essere conseguente ad una mancanza di interesse per il mangiare o il cibo, ad un evitamento sensoriale del cibo, o a marcate preoccupazioni per le conseguenze avversive del mangiare, come il soffocarsi o sperimentare un malessere gastrointestinale.

Come sostengono gli autori del documento, organizzare la classificazione riguardante l’evitamento/restrizione di cibo è stato e continua ad essere un aspetto estremamente impegnativo. La diagnosi di ARFID rappresenta quindi un tentativo per affrontare le diverse lacune e superare i limiti presenti nella comprensione clinica di tale disturbo.

Nell’ARFID, infatti, non si valutano più solo l’inadeguata crescita e la significativa perdita di peso, ma si considerano anche le carenze nutrizionali (es. anemia) conseguenti a una dieta estremamente limitata nella varietà, in cui alcuni gruppi alimentari sono completamente evitati. È importante quindi saper segnare una linea di confine che ci permetta di distinguere la selettività “tipica” del cibo, legata a cambiamenti nelle scelte alimentari durante il periodo dello sviluppo, dalla selettività “atipica”, caratterizzata da limiti patologici alla varietà di cibo. Alcune ricerche hanno dimostrato che i mangiatori “atipici” presentano più alti livelli di ansia sociale e sentimenti negativi nel corso della vita, un’accentuata sensibilità per l’odore o l’aspetto del cibo e importanti o ricorrenti esperienze di avversione e di disgusto nei confronti del cibo, rispetto ai mangiatori “tipici”.

Un limite importante presente nella comprensione clinica di tale disturbo sono le scarse conoscenze circa le tappe di sviluppo della selettività/evitamento del cibo in adolescenti e in adulti. Studi recenti hanno però dimostrato che la selettività del cibo non sia solo una fase temporanea tipica dell’infanzia, ma che questa, in alcuni casi possa avere una continuità nell’adolescenza e nell’età adulta, nei cosiddetti “mangiatori schizzinosi” o “picky eaters”.

L’eziologia di tale disturbo è ad oggi sconosciuta e il dibattito sul ruolo del caregiver nello sviluppo della selettività/evitamento del cibo è ancora aperto. Sono quindi necessarie ulteriori ricerche che prevedano l’inclusione delle variabili ambientali, come la relazione madre/caregiver-figlio, nello studio dell’eziologia di tale disturbo.

Gli autori concludono sottolineando che la diagnosi di ARFID cattura un più ampio spettro di casi, includendo l’evitamento/restrizione di cibo nei diversi periodi dello sviluppo e includendo così alcuni ostacoli alla diagnosi. Nel campo della diagnosi differenziale risulta per esempio molto impegnativo distinguere l’ARFID da un’anoressia nervosa, in particolar modo se quest’ultima è di precoce esordio. Ulteriori ricerche sono quindi necessarie sia per comprendere più in dettaglio i processi biologici e i meccanismi implicati in tale disturbo, sia per individuare le strategie migliori di intervento per poterlo affrontare.

 

Fonte: Encyclopedia of Feeding and Eating Disorders, Nancy Zucker (2016). DOI: 10.1007/978-981-287-087-2_53-1.